ANTROPOLOGIA: MAGIA E MITO

                 LA MAGIA E IL MITO


LA MAGIA

Dopo i progressi della scienza moderna, nella cultura predominante la magia viene considerata come la credenza ingenua nella possibilità di manipolare con l’uso di combinazioni e accostamenti di sostanze il corso degli eventi e la natura delle cose.








Lo studio della magia come modo di pensare cominciò nell’ottocento. Da allora in poi con il termine ‘magia’ si è inteso indicare un insieme di gesti e formule verbali mediante cui si ritiene di poter influire sul corso degli eventi e sulla natura delle cose.








James Frazer sosteneva che il pensiero magico aveva preceduto quello religioso nella storia dell’umanità. Egli aveva colto almeno due modalità del pensiero magico: limitazione e il contagio.

- L’imitazione’ è la credenza che, vestendosi della pelle di un certo animale, il cacciatore possa mimarne i movimenti e quindi influire sul suo comportamento.

- Il ‘contagio’ corrisponde invece all’idea che due cose, per il fatto di essere entrate in contatto tra loro, conservino, anche una volta allontanate il potere di agire l’una sull’altra. 






I primi antropologi interpretarono la magia come una specie di ‘aberrazione intellettuale’ tipica della mente primitiva, oppure come una scienza imperfetta. I primi antropologi ritenevano che vi fosse un legame stretto tra la magia e la religione.






Un’altra teoria della magia fu elaborata da Malinowski sulla base della sua esperienza di ricerca nelle isole Trobriand. Egli distinse nettamente la magia tanto dalla religione quanto dalla scienza.

- La scienza si trova nella sua forma elementare presso tutti i popoli.

- La religione non è chiamata a spiegare l’origine dei fenomeni, ma a fornire certezze di fronte ai grandi problemi della vita.

- La magia, infine, ha finalità rassicuranti.







Malinowski
, riteneva che la magia fosse un mezzo usato dagli esseri umani per far fronte a situazioni generatrici di ansia. 

Non ci si deve chiedere se la magia ‘funzioni davvero’ oppure no. La magia è piuttosto una ricerca di rassicurazione di fronte all’incertezza e all’imprevedibilità degli eventi. 





IL MALOCCHIO









Malocchio è l’idea che uno sguardo insistente o certe parole possano influire negativamente su cose o persone.


La credenza nel malocchio è diffusa ovunque nel mondo, ma in certe aree è più intensa che altrove. Esso è qualcosa che sorge spontaneamente dall’atteggiamento di ammirazione di qualcuno per qualcosa.





Dietro a ciò vi è, naturalmente, l’idea che ammirare voglia dire invidiare, e che l’invidia possa procurare un danno a chi o a ciò che è invidiato. In molti casi il malocchio rientra in un sistema di comportamento sociale o, come si direbbe, di ‘etichetta’, il quale non ammette che una persona guardi troppo fissamente qualcuno che non conosce o che si sia troppo intrusivi con complimenti o apprezzamenti relativi a cose o persone.







Come si manifesta il malocchio?

A un individuo può capitare qualcosa di grave, o anche solo un inconveniente, ed ecco che scatta l’idea che costui sia stato colpito dal malocchio.


Parente stretto del malocchio è la credenza che certi atti, soprattutto involontari, portino sfortuna, che possono essere cioè all’origine di una serie di eventi negativi per proteggersi dai quali bisogna ricorrere a gesti e formule precise, come ad esempio rompere uno specchio procuri guai per un certo numero di anni.

Allora, come soluzione, si compiono gesti o si pronunciano parole per annullare i potenziali rischi derivanti da tali eventi.





Le formule e i gesti a cui si ricorre per parare l’eventuale danno procurato da questi atti si affiancano alle formule pronunciate e ai gesti compiuti per prevenire la sfortuna. Il tutto forma un complesso di credenze che tende a sottolineare la precarietà dell’equilibrio su cui si regge la nostra vita. 








IL MITO








Il tema del mito, come quelli della magia, del rito e della religione, ha affascinato a lungo tanto gli studiosi di storia delle religioni quanto gli antropologi. 


I miti fanno riferimento a eventi primordiali che avrebbero dato origine al mondo e all’aspetto che quest’ultimo possiede attualmente.

Può trattarsi di cosmologie oppure di teogonia, come per esempio le lotte tra divinità o spiriti dal cui esito sarebbero dipese le sorti del mondo e dell’umanità.






Alcuni studiosi ritenevano, in passato, che i miti fossero un modo inesatto di ricostruire o di giustificare eventi realmente accaduti. In realtà, anche nella società in cui i miti sono importanti esistono a volte forme di narrazione storica riconosciute come indipendenti e autonome dal mito








Le caratteristiche del mito sono:

- Innanzitutto ignora, o quasi, lo spazio il tempo e adesso tende a produrre una antropomorfizzazione della natura. Esso cioè attribuisce caratteristiche fondamentalmente umane, come linguaggio, i sentimenti, le emozioni ad animali, piante e cose.






Qual è la funzione del mito?


È, al tempo stesso, un atto speculativo, un racconto pedagogico, una teoria sociologica, un sistema di classificazione, per cui gli antropologi hanno cercato di studiare di volta in volta queste caratteristiche.

Alcuni ritengono che il mito sia una specie di autorizzazione a compiere certi riti.











Altri hanno messo in evidenza la natura del mito come la giustificazione dell’ordine esistente. Il mito è stato anche inteso come qualcosa in cui la società possono leggere una morale dei rapporti tra gli uomini e tra i gruppi, qualcosa che fissa un codice di comportamento.



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