PSICO. La banalità del male
LA BANALITA' DEL MALE NELLA TEORIA DI MILGRAM
Stanley Milgram, psicologo statunitense, durante gli anni sessanta
del secolo scorso, si occupò di condurre delle ricerche riguardo l'obbedienza alle autorità.
È importante contestualizzare però i suoi studi: si era appena svolto, a Gerusalemme, il processo a Adolf Eichmann, accusato
di crimini contro il popolo ebraico, contro l'umanità e di nazismo. La filosofa Hanna Arendt segue il dibattito, e in base alle
sue osservazioni scrive il saggio la banalità del male: il male, incarnato dall'imputato, è banale, in quanto la sua malvagità
non è trascendentale: è banale, e le sue azioni potrebbero essere compiute da chiunque.
Quello che Miligram tentò di spiegare, in questo senso, è come ogni persona, anche abituata alla vita pacifica, possa arrivare a compiere azioni spregevoli se
influenzato dalla società. Nel caso specifico del nazismo, l'obbedienza alle autorità sarebbe alla base dei comportamenti dei nazisti stessi (e alla base di tutti i comportamenti
disumani).
Fino a che punto i soggetti sarebbero andati avanti con l'esperimento e quanti di loro si sarebbero ribellati alle imposizioni
delle autorità?
Nella maggior parte dei casi, l'esperimento fu portato a termine nonostante si manifestassero dubbi: di fatto l'insegnante
sapeva di star ferendo l'alunno, ma continuava comunque, sotto controllo delle autorità.
Il fatto che sconvolse lo psicologo fu che, nonostante l'individuo sapesse di star facendo del male, nonsolo non volesse opporsi alle autorità, ma non ne aveva nemmeno i mezzi: si innesca una gamma ampissima di fenomeni che vanno a determinare la sottomissione dell'individuo.
Miligram individuò alcuni fattori:
la buona educazione;
l'impegno a mantenere la promessa fatta allo sperimentatore;
la vergogna di tirarsi indietro.
I meccanismi che vengono messi in atto sono dunque di adattamento, delegando ad altri la responsabilità delle loro azioni: è colpa delle autorità, non del soggetto (meccanismo psicologico
che si innesca). Dunque a coloro che compiono le azioni vengono attribuite qualità impersonali, indipendenti dalle azioni
umane: i soggetti agiscono obbedendo ad una sorte di imperativo trascendentale alla volontà umana. L'individuo si sente,
dunque, molto vicino all'autorità e molto lontano dalla vittima.
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