PEDAGOGIA: U6 - Il dibattito sull'istruzione femminile

            Pregiudizi e nuove sensibilità 





Nel corso del Settecento si verificò in tutta l'Europa dei Lumi un acceso dibattito sulla donna. Si trattava di qualcosa di nuovo nel panorama continentale, in quanto differente sia dalla letteratura amorosa del Cinquecento e Seicento sia dalla trattatistica religiosa di matrice cristiana. Erano il ruolo della donna e le stesse relazioni tra i sessi a essere in gioco.

Del resto, anche se lentamente, stavano cambiando alcune consuetudini sociali: le donne di estrazione sociale medio-alta uscivano di casa, passavano molto tempo con il cicisbeo (una sorta di accompagnatore e talvolta amante le-

galizzato), leggevano romanzi e giornali (non a caso proprio nel XVIII secolo nacquero i primi periodici rivolti esplicitamente a un pubblico femminile), alcune studiavano e si laureavano.

Restava però viva e ancora diffusa la visione pessimistica della donna ereditata dalla teologia di stampo controriformistico, la quale, nutrendo un forte pregiudizio nei confronti del sesso, additava la figura femminile come possibile sorgente del peccato. Sostenendo che una cultura e una socialità eccessive l'avrebbero fatta deviare da quella che era la sua collocazione naturale, ovvero l'essere moglie e madre, si proclamava la necessità di tenerla in uno stato di inferiorità all'uomo.

Addirittura Rousseau e Filangieri, che pure proposero modelli educativi dotati di una grande

carica di innovazione, continuarono a escludere le ragazze dalla scuola pubblica e a confinarle tra le mura domestiche.



Rousseau e l'educazione femminile 

Furono soprattutto le teorie rousseauiane ad avere grande diffusione nell'Europa dei Lumi in materia di educazione femminile. Rousseau ne trattò sia nell'Emilio sia nella lettera scritta nel 1763 al principe di Württenberg sull'educazione della figlia Sophie.

Il punto di partenza del filosofo ginevrino era certamente all'avanguardia quando egli affermava che «la donna e l'uomo sono fatti l'uno per l'altra».

Ciò non impediva però a Rousseau di aderire alla visione gerarchica del rapporto uomo-donna di stampo tradizionale. Non a caso, infatti, anche il filosofo ginevrino riteneva necessario evitare un "eccesso" di istruzione: «La ricerca delle verità astratte e speculative, dei principi, degli assiomi nelle scienze, tutto quello che tende a generalizzare le idee non è di competenza delle donne: i loro studi devono riferirsi tutti alla pratica; a loro spetta l'applicazione dei principi che l'uomo ha trovato».





Di qui la preferenza per l'educazione domestica e non scolastica, con un giudizio molto severo sull'istruzione impartita nei monasteri, i quali, secondo Rousseau, erano «vere e proprie scuole di civetteria, di quella civetteria che produce tutte le traversie delle donne».

L'educazione impartita in famiglia, inoltre, avrebbe introdotto la donna nei ruoli e nei compiti che le sarebbero divenuti propri una volta coniugata: «Per amare la vita della famiglia bisogna averne sentito la dolcezza fino dall'infanzia e solo nella casa paterna si prende simpatia per la propria dimora». Infine, Rousseau non aveva dubbi nell'indicare quale vero educatore della donna il marito, a cui spettava il compito di trasmettere alla compagna di vita tutto ciò che aveva appreso a scuola e in società.

Non diverso era il progetto educativo che Filangieri riservava alle donne, escluse dalle scuole pubbliche in quanto destinate a essere istruite nelle case paterne, prima di completare la propria formazione in quella del marito. Anche per questo motivo, Filangieri insisteva sulla necessità di fornire la migliore istruzione possibile ai maschi: perché da loro sarebbe dipesa pure la formazione delle donne.



Cittadine istruite 

Nei fatti la condizione sociale e culturale della donna evolse a velocità maggiore rispetto alle descrizioni letterarie e politiche. Con lo scoppio della Rivoluzione, in Francia come negli altri Paesi europei, un certo numero di donne cominciò a occuparsi di politica, frequentando i circoli e scrivendo in difesa dei propri diritti. I governi repubblicani, come si è detto, prescrissero l'istruzione obbligatoria per le bambine, pur se in classi separate da quelle dei maschi. Anche le donne, infatti, dovevano partecipare alla vita della nazione, allevando nuove generazioni di cittadini consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Servivano, quindi, " cittadine istruite" ed educate secondo i sani principi della repubblica per educare buoni cittadini.

Persino tra i conservatori l'educazione femminile cominciò a liberarsi, seppure lentamente, di alcuni degli stereotipi della letteratura cinque-seicentesca.

Certo, se in generale restava alto il livello di diffidenza per il genere femminile, in pochi ormai pensavano che fosse giusto tenere nell'ignoranza e nella subalternità metà della popolazione. Così come un uomo istruito, anche una donna istruita rappresentava un bene per la collettività, in quanto a scuola avrebbe ricevuto gli insegnamenti necessari a servire al meglio la sua patria, repubblica o monarchia che fosse.





Restavano da convincere le famiglie, specialmente quelle più povere, che da sempre utilizzavano le ragazze per i lavori domestici ed erano assai restie a modificare comportamenti e stili di vita vecchi di secoli. I ceti più ricchi e quelli produttivi, però, erano preparatissimi a un cambiamento di questo tipo, anzi lo richiedevano da tempo. Non a caso quando, nei primi decenni dell'Ottocento, gli Stati cominciarono ad aprire scuole femminili, le ragazze vi si iscrissero in gran numero.



per fare il punto

• Le idee pedagogiche di Rousseau misero in discussione la gerarchia nel rapporto tra uomo e donna?

• Che ruolo avevano le donne nel progetto educativo di Filangieri?

• Che cosa mutò, seppure lentamente, nell'educazione femminile?






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